martedì 27 settembre 2011

Yorus... Iniziò così

Una spiaggia bianca dalla sabbia fine, palme colorate e un sole che scalda, una leggera brezza inizia a tirare, sulla spiaggia compare un pezzo di legno, un cesto e una blusa, un uomo alto e magro, dai lineamenti scavati dal sole e la pelle d’ebano si avvicina, il cappello a falda larga gli protegge a testa e gli occhi da eventuali fastidi praticati dai raggi del sole, cammina immergendo i piedi nella sabbia come a volerne saggiare la consistenza, giunto alla spiaggia osserva con attenzione gli oggetti e incuriosito dalla blusa entra in acqua per prenderla, fu solo allora che si accorse che non era solo una blusa, bensì era un naufrago.

Preso da un attimo di panico si tuffa e inizia a tirare il corpo sulla sabbia, mentre lo faceva si chiedeva il perché, poteva già essere morto o comunque poteva essere un uomo malvagio, ma senza pensarci l’aveva fatto. Trascinato il corpo sul bagnasciuga gli mise un orecchio in petto per sentire il suo cuore, era molto debole ma il battito era presente.

Non respirava, il viso molto bianco, se non era morto ci mancava davvero poco. Urlò qualcosa ai suoi uomini ed inizio a cercare il punto preciso sul petto per cercare di praticare le manovre di base per ripristinare i segni vitali.

 Dopo alcuni minuti di tentativi di far ripartire la respirazione arrivarono alcuni uomini con 2 aste e un lenzuolo attaccato a mo di barella, alla bene e meglio lo sventurato aveva iniziato a respirare e aperti gli occhi osservò in maniera distratta e senza coscienza di quello che accadeva chi gli stava intorno. “Mi capisci, riesci a sentire la mia voce?” le parole dell’uomo scivolavano come acqua su una roccia senza sortire alcun effetto, allora tentò con un'altra lingua, ma niente, per fortuna Alì era un uomo di grande cultura e conosceva i principali idiomi del creato, ci mise un po’ ma trovò il linguaggio giusto.


Cosa mi è successo – disse tra sé e sé mentre si guardava intorno e osservava la sua mano come se fosse la prima volta – ricordo poco o niente, sinceramente non so nemmeno come mi chiamo… nella mia testa c’è un gran vuoto, sento l’eco di un rombo… una risata sommessa e poi un freddo che mi avvolgeva stretto fino alle ossa… poi, poi più niente, ho aperto gli occhi e c’era solo quel signore, l’unico che riusciva a parlare e farsi capire. – detto questo si mise seduto sul letto e osservò il letto, i pavimenti, le mura e l’ingresso, arrivato all’ingresso vide una donna, sicuramente una serva, iniziò a parlare ma quei soni non riusciva a ricondurli a nessuna parola conosciuta.


La donna dopo un paio di tentativi uscì dalla stanza e torno con a seguito un uomo alto e magro:

- Buongiorno! Finalmente ti sei svegliato. – disse e si mise seduto su una sedia posta al lato del letto. – allora ricordi qualcosa? Come ti chiami e da dove vieni?

- No signore, non ricordo granché e non so come mi chiamo. La volevo ringraziare per avermi salvato, mi può dire dove mi trovo? – il viso era contratto quasi in una smorfia, forse provava dolore, ma dopo un attimo si riprese e guardò dritto negli occhi l’uomo e attese la sua risposta.

- Ti trovi nel Regno del Sud, le terre delle sabbie e dei vulcani, una terra di meraviglie, una terra che nasconde misteri e tesori… Comunque io mi chiamo Alì Mubay, sono colui che ti ha trovato e salvato.
- Grazie Alì, io mi chiamo… Purtroppo non lo so, come penso al mio passato inizia a farmi male la testa. Mi spiace.

- Non dispiacerti, nei giorni che sei stato a letto ho chiesto un po’ in giro per sapere cosa fosse successo e ho scoperto che eri su una nave, la “lama dei mari”, essa è affondata con tutto il suo equipaggio 7 giorni fa, nessun sopravvissuto… tranne te ovviamente. La nave proveniva, originariamente dal lontano Nord, terre di ghiaccio e brutalità. – il naufrago ascoltava in silenzio, immagazzinando tutte quelle informazioni e cercando qualche richiamo nella sua mente devastata, non ottenne grandi risultati, solo quando sentì che veniva dal nord ebbe un flash di neve e ghiaccio, corpi gelati e sangue. Fu un attimo ma ne rimase scosso e Alì lo notò e smise di parlare di quell’argomento. – Bene, ora cosa vuoi fare? Sembri ristabilito e qui c’è molto da fare, come prima cosa ti servirebbe un nome… idee? – era un mero tentativo per vedere se la domanda improvvisa gli risvegliasse qualcosa. – Ovviamente no. Per ora ti Chiameremo Cashid, ti piace?

- Sì, può andare, suona bene.

Alì si guardò bene dal dirgli che Cashid, nella lingua del Sud, vuol dire naufrago, per lui era comodo, così le persone capivano a volo di chi stesse parlando e nella sua lingua non significava niente.
Passarono giorni, settimane, mesi e Cashid cercò di rendersi utile più che poteva, nessuno gli parlava tranne Alì e a lui andava bene così, a quell’uomo doveva la vita e fino a che non si fosse sentito di aver ripagato quel debito sarebbe rimasto lì.

Alì era un archeologo, andava in giro per le terre sabbiose in cerca di tesori e rovine, non tanto per i soldi, che a lui non mancavano, ma per scoprire la verità sugli Anatema, la religione ufficiale dei Sangue di drago diceva che essi erano dei demoni incarnati e che portarono il mondo allo sfascio fino all’arrivo dell’imperatrice scarlatta che riuscì a salvare il Creato dagli attacchi dei fatati e dei morti risvegliati, ad Alì non ridavano i conti, i testi, per quanto scritti bene, sembravano anacronistici, scritti molto dopo ed enfatizzavano la crudeltà degli Anatema e la misericordia dell’imperatrice, una donna ben nota per il suo pugno di ferro e l’innate abilità politiche, tutto tranne che misericordia.

In quei mesi girarono parecchio e trovarono un mausoleo di un antico Anatema, ma la voce si sparse e ben presto arrivarono sciacalli e monaci Immacolati e si appropriarono dello scavo, per fortuna riuscirono a prendere una spada e un diario scritto in un idioma antico, Antico Reame lo definì Alì.

Di lì a poco si presentò una donna di Chiaroscuro, la metropoli più grande e vicina al paese costiero di Alì, si presentò come Mia, era in cerca di Alì per chiedere di fargli da assistente, la sua fama era grande e la sua voglia di conoscenza anche. Cashid però nutriva qualche dubbio, non lo disse mai ad Alì che era molto fiero di quella situazione… Erano passati mesi e Cashid chiese ad Alì se gli insegnava qualche parola in fiamma, Alì iniziò dai concetti base, “fame”,”sete”,”sonno” e gli insegnò una frase per provarci con le donne “ho un herpes genitale solo per te”, non si sa bene perché , ogni tanto si devertiva così...

Aranel ed Hermes

Questo racconto è tratto dalle memorie di Aranel e narra il suo incontro con l'amore della sua vita...



La brezza soffia dolce ed entra attraverso le tendine della finestra, mi piace sentirla accarezzarmi il viso e i capelli, mi sento leggera e felice quando soffia questa debole brezza autunnale.

Mi affaccio alla finestra e vedo il Sole che sorge in tutta la sua forza e imponenza, riesco a scorgere nitida la sua sagoma gialla che si staglia contro l'orizzonte, mentre i suoi dolci raggi candidi invadono il Creato scacciando le ultime ombre della notte. Mi sembra una giornata splendida, inizio a prepararmi per andare a lavoro, e una strana sensazione mi assale, mi è già successo altre volte, mi sembra di poter capire che quella sarà una giornata particolare, sta per succedere qualcosa... Senza ignorare la mia sensazione finisco a prepararmi e vado in locanda per la colazione, e poi mi dirigo in bottega dove mi aspettano i miei libri.

La mattinata trascorre in un baleno leggendo e traducendo un vecchio manoscritto, ad ora di pranzo esco per andare in locanda, il Sole ormai si trova allo zenith e i suoi caldi raggi mi pervadono e mi riscaldano, donandomi tranquillità, mentre mi dirigo alla locanda un vociare intorno a me richiama la mia attenzione e dalla folla arriva un ragazzo e mi chiede di seguirlo:” Turok ha bisogno di lei” così mi dice, corro al palazzo.

All'esterno trovo un carro malconcio, la sensazione di questa mattina ora è diventata una certezza, sta succedendo qualcosa, e una voce dentro di me mi dice: “qualcosa che cambierà la tua vita”. Salgo il più velocemente possibile e mi dirigo verso l'alloggio di Turok, entro e lo trovo chino su due persone, avvicinandomi le distinguo: sono un giovane uomo e un uomo più anziano, potrebbero essere padre e figlio ad una prima occhiata.

L'uomo più anziano ha i capelli grigi, gli occhi socchiusi, il viso contratto in una smorfia di dolore e respira affannosamente. Lo sguardo scende sul corpo massiccio e muscoloso ma pieno di ferite e lividi, tanto da renderlo debole e indifeso allo sguardo di un estraneo. Tra i brandelli di vestiti sporchi di sangue rappreso scorgo delle vistose ferite.
Ponendo delicatamente le mie mani sul suo petto riesco a sentire il debole battito del cuore e percepisco la sua vita che fluisce lentamente fuori da esso, ma sento anche un ostacolo al suo fluire: qualcosa lo tiene ancora in vita nonostante le pessime condizioni fisiche. L'unica possibilità di farlo sopravvivere è sfruttare questo suo ultimo desiderio.
 Dopo avergli curato le ferite, disinfettandole e cucendo le più gravi, infondo in lui un poco della mia essenza cercando di donargli quel soffio di vita necessario per poter compiere il suo ultimo desiderio: non posso fare più di questo. Mi avvicino al suo viso, sposto la testa di lato e sussurro nel suo orecchio “tra poco ti riprenderai e potrai portare a termine il tuo ultimo desiderio, che la tua prossima vita possa essere migliore di questa”.

L'uomo al suo fianco è giovane: i capelli lisci e neri sporchi di sangue scendono sul suo viso, il respiro è debole ma costante, sembra dormire. Il corpo è muscoloso ma magro, scattante, non sembra soffrire, eppure le sue ferite sono molto gravi, accosto le mani al petto, il battito del cuore è debole ma ritmato, la vita non fluisce al di fuori di esso, c'è una speranza di salvarlo.

 Gli tolgo i brandelli di vestiti che ha addosso, pulisco con cura tutte le ferite e metto dei punti alle più gravi, sento di nuovo con le mani il suo cuore e percepisco un cambiamento nella sua essenza, mi concentro e capisco che se la caverà e presto si sveglierà, ma ha bisogno di altre cure, decido di passare la notte al suo capezzale.
La notte passa con tranquillità, l'uomo migliora di minuto in minuto e sembra stare sempre meglio. Dopo essermi accertata delle sue condizioni ed essermi resa conto che il miglioramento era veloce e sicuro, cedo al sonno e crollo sulla sedia seduta tra i due feriti.

Inno del cacciatore

La bruma è tutt’intorno a me, mi ricopre e copre tutto il campo, la luce della Luna filtra lieve tra le nuvole. Annuso l’aria e cerco qualcosa, il mio istinto mi porta a una piccola radura, sento le gocce di pioggia che iniziano leggere, camminando decido di mutare nella forma del lupo così ch’io possa muovermi inosservato e possa potenziare tutti i miei sensi.

Il mondo cambia intorno a me, muta in poco tempo, la mia vista scarseggia ma in compenso percepisco tutti gli odori del mondo.

Corro silenzioso in mezzo agli alberi fino a che trovo la mia preda… non mi vede, non mi sente faccio un passo, procuro un leggero rumore per far sì che percepisca una presenza, drizza le orecchie e si gira nella mia direzione, mi muovo silenzioso intorno a lui, la pioggia mi favorisce diminuendo la capacità di percezione degli odori… gli sono alle spalle, attendo, faccio un altro piccolo rumore per far capire che qualcosa non va, allora sento un odore familiare, particolare… l’odore della paura… in quel momento decido di scagliarmi alla sua gola…

Lo colpisco e serro i denti contro di lui, prova a dimenarsi ma non respira bene, assaporo il suo sangue addentato la sua carne, gli tolgo il respiro e mi cibo della sua carne… mi fermo ad assaporare la vittoria, banchetto e onoro la mia vittima…

Torno verso la civiltà, riprendo sembianze umane, sereno e soddisfatto.



La civiltà è grezza, senza anima, gli odori sono confusi da altri, cemento e bitume coprono molti altri, gli uomini non sono più capaci di ascoltare le cose, di assaporare la vita e si crogiolano nell’odio e nell’indifferenza, governati dalla paura.

Girando per le strade della città, ascolto molto e le mie sembianze quasi umane incutono il giusto timore per far girare lontano quasi tutti… poi accade, sento un urlo, una donna attaccata, forse uno stupro. Mi avvicino, la caccia non è ancora finita… mi metto in maniera da poter osservare e non essere osservato… sono in 2 e lei è sola, mi muovo rapido facendo intravedere solo la mia ombra contro il muro, uno di loro si gira, il suo sesto senso lo avverte, ma non si fida… gli sono alle spalle.

Emetto un piccolo ringhio, si placano, i loro cuori corrono all’impazzata, la loro paura aumenta a dismisura non hanno il coraggio di voltarsi e la cosa mi fa sorridere. Stringo un pugno facendo scricchiolare le mie dita, colpisco uno di loro ai reni e lo faccio volare contro un muro poi mi scaglio contro l’altro facendolo cadere faccia a terra.

Punto un ginocchio sulla schiena e aspetto che la paura diventi folle, la donna mi guarda paralizzata, non può vedere il mio volto per via della maglia, lo stupratore si gira verso di me lentamente, quando si sente pronto sferra un colpo per farmi allontanere ma praticamente è a rallentatore, lo blocco all'altezza del polso, lui urla vorrebbe parlare ma non gli esce la voce, la mia mano serrata forte sulla sua gola lo porta piano, piano verso il mondo dei sogni, quando il viso si fa rosso lo lascio cadere.
Riprende fiato, ormai è a terra le gambe nude e il suo pendaglio toccano l'asfalto, non capisce bene cosa è successo, cerca di rialzarsi ma davanti ci sono io. Gli ringhio contro e lo colpisco in fronte... Vola verso il muro, un suono sordo... nessun respiro solo il battito del cuore della ragazza spaventata, mi giro e m'incammino...
Questa caccia è finita... per ora

La notte di Ognissanti...

Non tutti sanno l'origine della festa di Ognissanti o Halloween, il consumismo ha cambiato tutto, ciò che era tradizione ora è un modo per far soldi.
Vi dico una cosa questa "festa" ha un significato più profondo e delle radici così salde nello spiritualismo da far passare i brividi.
Nella Vigilia di halloween le persone si vestono con faccie cattive o da personaggi tertri, streghe, zombi e anche Vampiri... perché?

La risposta è da cercarsi nell'antichità quando l'occhio del cuore non era completamente opaco e le persone riuscivano a sentire cosa c'è al di là del Velo...
La tradizione imponeva di apparecchiare anche per i defunti, e di onorarli....
Ora la ragione non lo permette... ma sapete una cosa, qualcuno sente ancora. Col passare del tempo le persone hanno cominciato ad avere paura dei fantasmi e quindi mettevano maschere per non farsi riconoscere e allontanareli... Da qui una serie di procedimenti hanno portato a quello che oggi è halloween.

Ma Ieri notte Vi è successa una cosa strana, mentre vi preparavate prima di andare alla festa, a cena fuori o a rimanere a casa avete avuto un brivido lungo la schiena, la stanza si è improvvisamente freddata e le luci hanno tremato, vi siete girati istintivamente per osservare alle vostre spalle sentendovi osservati... ma non c'era nulla...
Avete continuato a fare ciò che stavate facendo ma con un timore nel cuore, la vostra mente ha cominciato a vagare e il pensiero è caduto su quello che vi ho appena raccontato, spiriti di morti, la vigilia di ognisanti...
scuotete la testa per scacciare questo pensiero ma ormai l'avete espresso e vi ha accompagnato per il resto della serata...
Passata la mezzanotte vi siete sentiti in salvo, anche chi di voi non ci aveva più pensato, ma per qualche strana ragione i vostri occhi hanno cercatoun orologio proprio a mezzanotte... le 00:00, un sospiro di sollievo in voi, un sorriso sul vostro volto e la serata riprende senza intoppi...
Avete fatto tardi, chi ha avuto avventure amorose, chi si è divertito con molto alcool e chi ha riso fino a sentirsi male....
Vi avviate verso casa, sono quasi le 3, rientrate a casa e vi cambiate per il letto... è stato allora che l'avete sentita... l'avete vista...

"Aiutami... ti prego...."
vi siete ghiacciati sul posto, il cuore ha accellerato d'improvviso, non avete avuto il coraggio di andare avanti
"Ti prego, voglio riposare anch'io... ma non mi è permesso, tu mi puoi sentire ti prego aiutami..."
Non fate nulla, siete come paralizzati, il vostro cervello sta rigettando tutte le opzioni di veridicità della cosa...
"tornerò... Ti Prego aiutami..."


i muscoli del vostro corpo si rilassano, come se avvertissero che lei nn c'è più. non riuscite a dormire bene e il pensiero vi rimbalza dentro per tutto il tempo...

Creatura della notte...

Mi chiedo spesso chi sono, perché sono qui… Non respiro e i miei occhi rifulgono la luce del sole…

Non ho un età… vago di notte per le strade parlando con la gente e picchiando sconosciuti, rubo il respiro agli uomini, assaporo la loro carne, il loro sangue vivo sgorga dentro di me, rinvigorisce le mie membra morte e avvizzite… io penso, il pensiero corrode, divora, ti toglie quel po’ di anima che rimane dopo che qualcuno ti ha scelto, a volte senza motivo, per farti vedere la decadenza di un mondo fatto di uomini imperfetti che degenerano e che distruggono il loro mondo.

Non sono umano, non più, vivo da troppi lustri e mi accorgo notte dopo notte che gli umani non capiscono proprio nulla dei loro vantaggi e dei doni che gli sono stati concessi.

Io possiedo poteri che tutti anelano, una forza sovrumana, velocità, potere di aderire alle pareti e di condizionare le fragili menti, ma darei tutto per rivedere il sole e la brezza mattutina, assaporare un piatto di cibo… qualsiasi cibo… Eppure non sarà così… non so perché mi ostino a non vivere, vedo donne bellissime e il sol pensiero di sfiorarle me le fa vedere senza vita accanto a me, ho un mostro dentro, una bestia terribile assetata di sangue. Sono macchiato dalla maledizione di un altro, trasmessa dal sangue con il sangue… qualcuno direbbe che è paragonabile a una malattia venerea o all’AIDS, ma non è così.

Non sono l’unico, ce ne sono altri come me, troppi, girando li vedo, li sento, percepisco i loro sguardi e la loro invidia per la Vita è palpabile anche se nascosta da un velo di superbia che la fa passare per superiorità.



Ho ceduto una volta ad un agrodolce sapore d’amore… una donna è entrata nella mia non vita e ha portato un raggio del vecchio sole sul mio cuore… la vedevo, la sentivo… anche se non ho più istinti sessuali lei li risvegliò in me. L’ho amata come una regina e quando la bestia in me la uccise… il cielo si tinse del colore del sangue e non ci fu nessuno che placò il mio dolore… Rabbia e odio sono le cose che mi spinsero ad andare avanti per molti anni…



È strano, la chiamano la danza macabra, la nostra non vita, avvicinare una donna, sfiorare la sue pelle liscia, sussurrarle parole dolci e farla cadere in una trama mentale, menti fragili, uomini senza spina dorsale, piegati dalla scienza e senza più immaginazione, credono di sapere tutto e tremano davanti al minimo mistero che li sfiori, mi fanno ridere.



Porto la donna con me in una casa, a volte la mia, metto su un disco di musica appropriata e danzando la inebrio, la posseggo mentalmente e poggiando i miei denti sul suo collo penetro la pelle e mi nutro del suo sangue, l’effetto su di lei è una specie di orgasmo… si addormenta con il sorriso e non riaprirà più gli occhi…



Questo il mio tormento… questa la mia vita… assaporala anche per me…

Spaccato di vita del villaggio di ORGRIMMAR

Sono passati tre giorni ormai dalla fine della battaglia contro i figli del male, le persone cominciano a sentirsi più tranquille e la ricostruzione ha inizio, dove un tempo c’era l’edificio principale e sede dei capi della città di Orgrimmar ora c’è una grande tenda militare, ampia e confortevole, all’interno vi è Turok, capo della città e figlio sommo del Sole Invitto, lui ha sfidato l’impero dei sangue di drago e si pone come nuovo baluardo per le genti libere delle terre degli sciacalli. Seduto alla scrivania controlla alcuni documenti riguardanti i danni e le perdite del villaggio, al suo fianco un martello gigante poggiato nel terreno battuto si erge mostrando gloria e potenza, “maglio del giudizio” così lo chiama… sul fianco opposto la sua armatura di piastre e riposta sul trespolo pulita e lucidata.
Le labbra si muovono in parole solo pensate, ce la faremo a contrastare l’imminente caccia? Gli uomini sono provati, le donne spaventate, anche se riportiamo vittorie su vittorie, arrivano sempre più organizzati e potenti… Un raggio di sole penetra tra le pieghe della tenda aperta da Aranel, stregona e medico del villaggio, il volto scuro, il viso rigato da una lacrima asciugata di recente, si fa avanti e senza parlare poggia dei fogli con il numero di vittime e superstiti… entrambi contemplano in silenzio le perdite, non sono molte ma poco a poco cominciano ad essere sempre meno soldati vivi.
Non ti preoccupare Aranel, non siamo soli, ce la faremo.
All’esterno i superstiti ricominciano a vivere, i carri ripartono per i campi, i mercanti vanno e vengono, le fucine battono il ferro, i soldati danno una mano a ricostruire, in un angolo della caserma Mizar parla con Aldair, eccelso corrotto che vuole redimersi, la sua presenza non è molto gradita agli occhi di tutti, è inquietante e potrebbe fare il doppio gioco, ma Mizar si fida ancora di lui e la cosa tanto basta a Turok per permettergli di restare, al di fuori del villaggio Hermes “volpe Argentata” e Ambra “signora della notte quieta” perlustrano con il corpo speciale ninja le zone limitrofe per fare una ronda veloce a lungo raggio. All’interno della locanda del Pesce Palla il grande Michelangelo dell’alabarda insieme al fido Esculapio intrattengono cittadini e stranieri con storie di battaglie epiche e sfide mortali, nella bottega della piuma leggera Aranel si mette a studiare metodi di medicina antichi ma tutt’altro che superati, tra i libri che sono sulla scrivania ve ne sono molti con titoli impronunciabili che emanano magia ed essenza, lo studio e scuro e silenzioso, candele illuminano anche di giorno e i vetri sono leggermente oscurati per garantire privacy.
In una fucina lontana e grande più del doppio delle altre, mastro Kell lavora incessantemente a nuovi ammennicoli e potenti armi la cui provenienza tecnologica è ormai andata persa negli anni, sono tutti indaffarati e concentrati in qualcosa…

Racconto di un viandante che si fermò nella Locanda

Il seguente Racconto è riportato in una tesi di Laurea come pre-introduzione alla stessa. Lo scrittore, Fil, si è espresso così:

Era un freddo inverno e i Cavalieri della Luce Perpetua stavano appostati alle pendici del Monte Aquila in attesa del segnale.
Il gruppo era composto di una dozzina di uomini scelti, ma la zona incuteva timore fin nei cuori più puri...
Il silenzio e il vento erano i compagni di lunghe attese passate nel bosco sottostante, ormai non si poteva più tornare indietro bisognava attaccare e recuperare il Passo del Tempo Perduto, un valico che spacca in due il Monte Aquila e che porta alla vallata del Conero. Nebbia e ghiaccio ricoprivano strato su strato le armature dei Cavalieri della Luce. Alla loro testa Lord Neth manteneva saldo l'animo della squadra. I giorni passavano e il ranger Sid ancora non si era fatto vivo, tutti speravano ancora in lui...
Era una tarda notte quando un fischio familiare mise tutti in allerta: era il momento di muoversi!
- Tenetevi pronti - sibilò Lord Neth.
C'era un gruppo dell'Ordine delle Aquile Nere a presiedere il passo, ma il ranger aveva trovato il modo di transitargli alle spalle. La notte passò di ombra in ombra; passi leggeri, silenzi obbligati, respiri soffocati. Dalla luce si nascondevano per non essere visti tra le foglie, per resistere ancora un giorno.
...Scese la notte...
Un fuoco si accese nell'accampamento nemico, profumo di legna che arde, odore di selvaggina arrosto, vino e molti... troppi giorni di tranquillità in quei cavalieri neri. L'ozio può essere il più formidabile dei nemici e loro erano ignari di ciò che gli stava per accadere...
Si disposero a semicerchio, nascosti tra gli alberi, intorno all'accampamento. Sid fu il primo ad aprire le danze: una freccia tagliò il vento e sibilando sommessamente andò a conficcarsi profonda nell'armatura nera di una sentinella. Nessun rumore e nessun grido, la situazione sembrava paralizzata, tutti aspettavano l'azione di Neth...
Una saetta lignea sbucò improvvisamente dai cespugli e si conficcò nel terreno a pochi passi dal fuoco i cui bagliori illuminavano l'emblema della casata della Luce, una testa di leone. L'attimo di sorpresa che ne seguì si trasformò subito in terrore cieco quando il capitano si fece avanti a passi decisi uscendo dal fogliame.
L'attimo di esitazione fu troppo lungo...
Sangue e urla si fusero in quella notte gelida e luna e stelle godevano del macabro spettacolo accarezzando i volti dei Cavalieri della Luce rendendoli ancora più spettrali.
Una trentina perirono subito sotto le sferzate della Luce, l'avamposto sembrava ormai conquistato. D'un tratto un corno suonò, superando d'intensità il fragore della battaglia per poi morire straziato dall'ultimo respiro dell'uomo che lo impugnava.
Poco ci volle per vedere in lontananza un polverone nero che oscurava le curve del Passo del Tempo Perduto. Erano a cavallo ed erano troppi per poterli affrontare senza gravi perdite. Sid spense il fuoco e soffocò le ultime grida dei cavalieri agonizzanti sul terreno reso morbido dal sangue. Ma quelli correvano nel buio dritti verso di loro, senza esitare come se li fiutassero nella notte...
- In posizione di difesa! Scudo e lancia! - urlò Lord Neth.
- La luna illumina le nostre anime e le stelle ci mostrano dove colpire, senza timore, senza indugio, ancora una volta. I fremiti che sentite dentro di voi sono la vostra Luce, usateli e respingeremo l'Inferno! -
In lontananza la voce di un bardo sembrò intonare l'Inno della Luce, mentre l'Alba illuminava di rosso la vetta del Monte Aquila che ora pareva avvolta dalle impietose fiamme infernali. Uno stendardo si erse nella luce, in alto...un'insegna con l'effige di un lupo! La seconda armata dei Cavalieri della Luce.

Armature lucenti su cavalli pesantemente bardati mandavano bagliori accecanti sul fianco della montagna mentre altrove avanzava senza sosta la nebbia carica di terrore.
- Siamo ancora in tempo per vedere l'Inferno Signore? – chiese il soldato Ivan con un sorriso sprezzante.
- Loro pensano di conoscere il terrore, ma non hanno mai visto il fervore che ci da la Luce! – gridò Lord Neth, spalancando gli occhi, colmo dell'impazienza del guerriero feroce deciso a ghermire la sua preda con la lama della sua spada.
- Caricate dal fianco appena entrano nella scia dall'alba e non fate prigionieri! - ordinò Lord Neth.
Questa fu la guerra che unì gli Ordini della Luce e dei Lupi Selvaggi, ma tutti da tempo avevano già un nome solo:
“CAVALIERI DELLA LUCE PERPETUA”.


Tratto da: "Storie della Locanda Pesce Palla"